Splendida marmora: marmi della collezione Torlonia che raccontano la più ricca collezione privata di sculture antiche, finalmente fruibile dopo decenni di oblio. Dall’ottobre 2020 viaggiare a Roma ha un nuovo, fondamentale motivo: la mostra I marmi Torlonia. Collezionare capolavori, che espone oltre 92 capolavori della collezione Torlonia (su uno strabiliante totale di oltre 600 esemplari), finalmente visibili nella sede di Villa Caffarelli dei Musei Capitolini di Roma (al momento, come tutte le mostre, è sospesa, ma confidiamo in una sua riapertura nella primavera 2021).
La celebre collezione dei marmi della famiglia Torlonia è uno straordinario compendio di antichità classiche: si va dai busti di figure maschili e femminili, ai sarcofagi, ai rilievi votivi, e si arriva fino a statue di divinità, baccanti e animali. Tra le opere in mostra è presente la celebre statua di caprone, la cui testa venne restaurata nel XVII secolo da Gian Lorenzo Bernini; la divinità femminile con peplo, o vestale, meglio conosciuta come Hestia Giustiniani, che esercitò tanto fascino su Winckelmann, padre e grande teorico dell’archeologia classica. Una tale mole di opere classiche, che può facilmente considerarsi seconda solo alle collezioni dei Musei Vaticani, rinnova il nostro appetito per la storia dell’arte, degli scavi e degli studi archeologici, della museografia, e soprattutto il piacere estetico della contemplazione dell’arte greco-romana.
Il gusto per l’arte classica è un fenomeno ricorrente: “revival” classicistici si datano fin dall’epoca tardoantica, ma fu il Rinascimento, di cui l’Italia fu eccezionale esponente, il periodo in cui la riscoperta della perfezione dei caratteri dell’arte antica divenne “iconica”. Il processo culturale che si osserva a partire dal XV secolo, che porta al pieno sviluppo dell’umanesimo, coincide con l’affermarsi dell’unicità del singolo individuo, soggetto unico di cui vanno espresse tutte le potenzialità e soprattutto la bellezza, che facilita la ricerca del piacere e della felicità mondana, non più visti come colpe peccaminose. A questo si accompagna la riscoperta degli studi classici – latini e greci – che portano grandi innovazioni all’arte rinascimentale: l’attenzione data all’uomo come individuo si riflette nella resa della fisionomia e dell’anatomia, e finisce per scaturire nel desiderio di recuperare i modelli dell’arte classica. In questo contesto, gli splendida marmora, i marmi della collezione Torlonia, ci offrono un eccezionale spaccato sul collezionismo romano, iniziato proprio nel XV secolo – in pieno Rinascimento – e proseguito fino al XIX secolo e ai nostri giorni. Le élites dell’aristocrazia romana, tra le quali numerosi erano gli appassionati di statuaria e arte greco-romana, cominciano presto ad accaparrarsi oggetti da collezione da mettere in mostra nelle proprie sontuose residenze: oggetti straordinari, segni tangibili di ricchezza, sfarzo e ostentazione.
Tra queste famiglie “accumulatrici” di opere d’arte era quella dei Torlonia, casata di principi mercanti, sarti e banchieri, che, per un insieme di colpi di fortuna, ambizioni spregiudicate e tanta sensibilità estetica, mise insieme i pezzi di una maestosa collezione. La raccolta dei Torlonia prese forma nel XIX secolo per volere di Giovanni Torlonia (1764-1829) e soprattutto di Alessandro Torlonia (1800-1886). Si deve proprio ad Alessandro l’intuizione di raccogliere questa antologia di bellezze classiche che stavano vedendo la luce grazie agli scavi condotti nelle proprietà di famiglia: sovente si citano gli esempi del Portus degli imperatori Claudio e Traiano a Ostia e delle ville dei Quintili e di Massenzio sull’Appia antica. Tuttavia, la maggior parte del patrimonio dei Torlonia proveniva dalle raccolte storiche che altre famiglie nobiliari furono costrette a cedere a causa di prestiti non restituiti. Ecco che così confluirono nelle mani di un’unica famiglia i tesori di grandi casate come quella degli Albani, dei Giustiniani e di Bartolomeo Cavaceppi (1717-1799), quest’ultimo importante restauratore della statuaria antica del Settecento.
Nel frattempo, nel 1866 Alessandro Torlonia acquistò la villa del cardinale Alessandro Albani (1692-1779), anch’egli collezionista di sculture antiche della Roma settecentesca e promotore del gusto neoclassico. Grazie all’aiuto di Winckelmann, l’allestimento di Villa Albani era predisposto in maniera tale da creare un percorso educativo, che avrebbe accompagnato il visitatore nella comprensione delle bellezze artistiche della Roma antica.
Ispirato da questo modello di esposizione, Alessandro Torlonia decise di creare un progetto innovativo, che organizzava le sue sculture per stile e soggetto, secondo criteri didattici e scientifici, precorrendo i tempi della nascita dei musei moderni. Il momento culminante arrivò nel 1875, quando fu fondato il Museo Torlonia di scultura antica, la cui sede in via della Lungara sul Lungotevere conteneva per intero la collezione delle 620 sculture.
Purtroppo però, il Museo Torlonia rimaneva privato e apriva le sue porte solo a pochi eletti dell’aristocrazia romana del tempo, escludendo tanti altri visitatori curiosi. La galleria chiuse negli anni Settanta del secolo scorso, e gli inestimabili marmi, ricchi di interesse storico e artistico, finirono nell’oblio di uno scantinato qualsiasi.
I marmi furono riportati in luce grazie all’impegno della Fondazione Torlonia, nata per volere dello stesso Principe Alessandro Torlonia, con lo scopo di preservare, restaurare e promuovere la Collezione, patrimonio culturale per l’umanità. L’aura misteriosa che ha avvolto le statue fino a oggi può finalmente alzarsi, per restituire a tutti i visitatori le loro immortali bellezze. Tutte le preziose opere d’arte in mostra sono inoltre state sottoposte a un meticoloso restauro, promosso dalla stessa Fondazione Torlonia.
La mostra I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori nasce da un accordo del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo con la Fondazione Torlonia, mentre il progetto di studio e di valorizzazione delle opere d’arte, gli splendida marmora, che valorizza i marmi della collezione Torlonia, è di Salvatore Settis, curatore della mostra insieme a Carlo Gasparri.
Sede della mostra è l’ala dei Musei Capitolini ospitata in Palazzo Caffarelli, la cui fabbrica, iniziata da Ascanio Caffarelli nel 1538, fu completata dopo il 1680. Il palazzo subì nel corso dei secoli diverse trasformazioni; nel 1823 fu affittato dall’ambasciatore di Prussia, e nel 1829 vi fu fondato l’Istituto di Corrispondenza Archeologica (oggi Istituto Archeologico Germanico). Nel 1918, con il crollo dell’impero asburgico, Palazzo Caffarelli fu acquisito dal Comune di Roma e parzialmente ricostruito: al posto dei piani alti dell’ala orientale fu ricavata una grande terrazza (terrazza Caffarelli, 1922), mentre al piano terreno, in parte smantellato per gli scavi del tempio di Giove Capitolino, fu allestito il Museo Mussolini (dal 1950 Museo Nuovo). Gli edifici dell’ex Istituto archeologico e dell’ex Ospedale teutonico, tuttora del Comune di Roma, dopo essere stati adibiti a uffici, sono stati restaurati e destinati a spazi espositivi dei Musei Capitolini i musei del Campidoglio.