Monet, Bordighera e il Giardino Moreno

Monet, Bordighera e il Giardino Moreno

Nel 1884 Claude Monet viaggiò in Italia e soggiornò a Bordighera, attratto dalla luce del Mediterraneo e dal magnifico scenario del Giardino Moreno. Il padre dell’impressionismo non fu l’unico visitatore di quel contesto naturalistico unico, famoso in tutta Europa e descritto da numerosi turisti dell’Ottocento; ciononostante, oggi il Giardino Moreno non esiste più, per lo meno nel suo originario splendore.

Mi sono imbattuta nella vicenda tangenzialmente, leggendo Mamma è matta, papà è ubriaco di Fredrik Sjöberg (2020, Iperborea), in cui l’autore ricostruisce la biografia del pittore Anton Dich, che dalla Danimarca giunse nella Parigi di Modigliani e del Salon des Indépendants, per poi approdare a Bordighera, dove morì ed è tuttora sepolto. Quando si pensa ai pittori impressionisti e post-impressionisti che hanno rivoluzionato l’arte occidentale nella seconda metà dell’Ottocento affiorano subito alla memoria Parigi, la Normandia, la Provenza e la Corsica, ma anche la Riviera ligure di Ponente, a poca distanza dalla Costa Azzurra, era frequentata da un gran numero di stranieri (tra cui molti artisti), sia per la bellezza del paesaggio, sia per il cambio vantaggioso delle valute estere.

Il Giardino Moreno, gioiello naturalistico scomparso

Il Giardino Moreno nacque poco dopo il 1830 per volere della famiglia Moreno, in particolare di Vincenzo (1800-1875) e Francesco Moreno (1827-1885), commercianti del pregiato olio d’oliva ligure verso i mercati dell’Estremo Oriente. La villa – che portava il loro nome – venne circondata da un sontuoso parco, in cui vennero seminate moltissime varietà botaniche esotiche raccolte durante i viaggi sulle rotte commerciali dell’epoca, che toccavano le isole Canarie come primo scalo, doppiavano Capo Horn, seguivano le coste del Cile, proseguivano verso le coste occidentali dell’Australia, il Giappone e il Sud-est asiatico. Prima dell’apertura del canale di Suez, avvenuta nel 1860, il ritorno poteva avvenire anche costeggiando l’India e risalendo il Mar Rosso, per riprendere il mare nel porto di Alessandria dopo un tragitto in carovana.

Francesco Moreno era un uomo riservato, che difendeva gelosamente il suo tesoro botanico, per quei tempi assolutamente eccezionale, tanto da venir menzionato sull’Italia Geografica Illustrata (1881) dell’enciclopedista Palmiro Prémoli. Monet, desideroso di ritrarre il giardino, faticò non poco a ottenere la possibilità di visitarlo (chiese all’amico e sostenitore Paul Durand-Ruel d’intercedere per lui). Il 5 febbraio 1884 descrisse alla moglie Alice Hoschedé il giardino come una sorta di «paradiso terrestre»: «una tenuta senza uguali […] un giardino come questo non si è mai visto prima, è pura magia, qui cresce a piena terra e senza nemmeno essere curata ogni tipo di pianta esistente al mondo: il giardino è un insieme eterogeneo di tutte le varietà di palme…». I dipinti realizzati en plein air nel Giardino Moreno esprimono la luminosità mediterranea e il fascino prorompente di un microcosmo naturale che è puro artificio, ma dall’aspetto assolutamente selvaggio e naturale.

La fama internazionale del Giardino Moreno era dovuta alla straordinaria ricchezza della flora: negli 80 ettari di terreno (di cui ora ne rimane solo 1 ettaro) crescevano piante esotiche, ulivi, aranci, limoni, mandarini e palme. Ancora oggi rimangono spettacolari testimonianze della ricca flora di un tempo, tra cui un Pinus canariensis (pino delle Canarie) di oltre 40 metri di altezza (il più alto d’Europa), un Cocculus laurifolius (Lauro trinervio), nativo delle pendici dell’Himalaya, una secolare Araucaria excelsa (pino di Norfolk), proveniente dall’isola australiana di Norfolk , una Jubaea spectabilis (palma da vino cilena), endemica della zona costiera meridionale del Cile, e un grande Ginko biloba.

Il celebre orto botanico non sopravvisse però alla morte di Vincenzo Moreno, avvenuta solo un anno dopo la visita di Monet a Bordighera e al Giardino Moreno. In primis venne costruita a fine Ottocento la via Romana (1878-1880), che se da una parte risolse i problemi di viabilità tra Bordighera e il Levante, dall’altra smembrò il giardino, privandolo della parte scenograficamente più bella (quella retrostante a Villa Moreno) e delle strutture di irrigazione. Il trasferimento poi della vedova Moreno a Marsiglia, avvenuto poco dopo la scomparsa del marito, portò al rapido abbandono della proprietà, che venne in seguito lottizzata in appezzamenti più piccoli. Oggi, ciò che resta del Giardino Moreno si può vedere negli attuali Giardini Monet, Villa Palmizi e Villa Schiva.

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