Libertà di Antichi e Moderni secondo Constant

Libertà di Antichi e Moderni secondo Constant

Henri-Benjamin Constant de Rebecque nacque a Losanna nel 1767 da una famiglia protestante svizzera di origine francese (ugonotta). La sua natura inquieta – libertino, propenso al gioco d’azzardo, instabile sentimentalmente, ancorché a lungo legato a Madame de Staël –, unita ad alcune infelici scelte politiche – prima fra tutte la collaborazione con Bonaparte durante i Cento Giorni per redigere la nuova costituzione liberale, accettata dopo essere stato per dodici anni suo acerrimo nemico – hanno contribuito alla scarsa fortuna del personaggio, dipinto come ambiguo, incoerente e opportunista, fino agli ultimi decenni del secolo scorso. Nel 1819 Constant tenne all’Athénée Royal il “Discorso sulla libertà degli Antichi e dei Moderni”, caposaldo del suo pensiero politico, la cui prima formulazione si trova nel libro XVI (De l’autorité sociale chez les anciens) dei Principes de politique, scritto nel 1806 e apparso nel 1815, ma presente in nuce già nel De circostances actuelles di Madame de Staël (1798), cui Constant collaborò nel corso del sodalizio intellettuale e amoroso con la celebre intellettuale, anche lei di origini svizzere e di fede calvinista.

La libertà degli Antichi e dei Moderni

Secondo Benjamin Constant la libertà degli Antichi (in Grecia come nella Roma repubblicana), è la libertà politica, la partecipazione attiva alla gestione della polis, al prezzo della sottomissione dell’individuo alla collettività. La libertà del mondo moderno è invece la libertà individuale, di pensare, di parlare, di professare una religione, di possedere, di lavorare e di commerciare, in sintesi la libertà civile: «la libertà dei tempi antichi era tutto ciò che assicurava ai cittadini la più ampia partecipazione possibile all’esercizio del potere sociale. La libertà dei tempi moderni è tutto ciò che garantisce l’indipendenza dei cittadini dal potere» (p. 485*).

Ciò che c’è di differente tra gli Antichi e i Moderni (la diversa estensione territoriale delle “nazioni”, la minore belligeranza, la tendenza a sostituire la guerra con il commercio, la scomparsa della schiavitù) spiega il passaggio da una concezione di libertà a un’altra: obiettivo degli Antichi era la condivisione dell’autorità sociale – cui partecipavano in modo diretto – tra tutti i cittadini dello stesso popolo (libertà-partecipazione), obiettivo dei Moderni è la sicurezza nel godimento privato (libertà-indipendenza), poiché l’uomo moderno non può più tollerare leggi restrittive sui costumi, sul celibato, sull’ozio, poiché presuppongono un inconcepibile asservimento dell’individuo al corpo sociale.

Questo significa quindi che la libertà politica è obsoleta? Al contrario, è indispensabile, ma in altre forme: il pericolo è infatti che il cittadino moderno perda interesse per i suoi diritti e doveri politici. Così come denuncia i rischi derivanti dall’anacronistica tendenza – imposta durante la Rivoluzione – di restaurare la libertà antica, cioè il dominio del corpo sociale sugli individui, allo stesso modo Constant mette in guardia dal pericolo derivante dall’interpretare la libertà moderna esclusivamente in senso di godimento individuale: il disinteresse dei cittadini nei confronti della politica diventerebbe un’ulteriore arma di oppressione in mano ai detentori del potere. In conclusione, la libertà civile non può esistere senza la libertà politica, che permette di controllare e limitare il potere delle istituzioni; d’altro canto, la libertà politica è tale solo se si accompagna alle garanzie civili, senza le quali l’individuo è privo del diritto di formarsi opinioni libere e indipendenti.

L’eredità liberale di Constant

Il nocciolo del pensiero – espresso nel discorso sulla libertà di antichi e moderni – di Benjamin Constant sta nel resistere agli abusi delle istituzioni esercitati in nome della collettività: il filosofo conosceva il pericolo dell’era individualista, ossia l’indifferenza di massa dei cittadini a favore di un potere incontrollato e avverte che le libertà individuali sono un bene prezioso, per tutelare le quali è necessario che i cittadini si facciano forti della loro libertà politica, superando i propri interessi particolari ed esercitando – da vigili elettori – la rappresentanza. Ammonisce Constant: la libertà non è mai una conquista definitiva, ma richiede la partecipazione assidua e responsabile del maggior numero possibile di individui.


*La citazione è tratta da Benjamin Constant, Principi di politica. Versione del 1806, a cura di Stefano De Luca (Rubbettino 2007). A chi volesse conoscere meglio la personalità di Benjamin Constant consigliamo il suo romanzo (nel cui protagonista si riflette ampiamente il temperamento dello scrittore): Adolphe, scritto nel 1806 ma rimasto inedito fino al 1816.

Commenti

  1. Commento di Immacolata de rosa via roma acerno

    mannaggia kitestramuortu nun sapit fa nu cazzu ma vuo vre ca ca eggia fatia sulu io st zingari r merda mannaggia che
    ra vecchia r nonnta chera brutta puttana sprammu ca murit presto sta pagina r merda

    1. Commento di Erika Vecchietti

      Certo Immacolata, la via della conoscenza è irta di ostacoli. Ma denigrare gli zingari e augurarci una presta scomparsa non servirà. Continui però a leggerci, e a commentarci in lingua.

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