Il passaggio a Nord-Ovest di Chateaubriand (1791)

Il passaggio a Nord-Ovest di Chateaubriand (1791)

L’8 aprile del 1791, esattamente 229 anni fa, iniziava il passaggio a Nord-Ovest di Chateaubriand: in piena rivoluzione, François-René de C. (1768-1848), padre del Romanticismo letterario francese, lasciò Parigi alla volta del continente americano, allora simbolo di un progetto di libertà (anche se parados­salmente fondato sulla schiavitù di un altro continente, l’Africa), alla ricerca della leggendaria rotta che collegava, nell’emisfero boreale, l’oceano Atlantico all’oceano Pacifico attraverso il vasto e misterioso territorio dell’arcipelago artico canadese.

Cadetto di un’antichissima famiglia aristocratica di Saint-Malo, in Bretagna, Chateaubriand intraprese la carriera militare («un secondogenito nel potea pretendere che o la sottana o la spada», commenta «Il nuovo Osservatore Veneziano» in un articolo dedicato allo scrittore mentre ancora era in vita, nel 1836). Congedato dall’esercito, si trasferì a Parigi, dove iniziò la carriera di letterato, poeta e drammaturgo. Aderì inizialmente agli ideali della rivoluzione, ma se ne discostò: è ancora l’«Osservatore» a darcene conto: «Se la rivoluzione si fosse tenuta nei limiti da prima stabiliti, Chateaubriand sarebbe stato al certo uno de’ suoi proseliti. Ma al primo eccesso che i suoi nemici gli fecero commettere, l’uom di cuore e di genio, non volendo né combatterla né approvarla, sentì rinascere in lui una delle più vive passioni della sua giovinezza, quella di viaggiare: ma viaggiare non già per vedere le classiche terre della Svizzera e dell’Italia [che pure visitò, n.d.a.]; bensì i deserti, le vaste solitudini, le foreste non mai tocche dalla scure dell’uomo. Se egli parte, è per discoprire qualche contrada del Nuovo Mondo»: inizia il passaggio a Nord-Ovest di Chateaubriand.

L’immagine romantica e perduta del Nuovo Mondo

Il Viaggio in America, avvenuto tra l’aprile e il dicembre del 1791, fu pubblicato nel 1827 (l’autore era consapevole del fatto che, nel frattempo, il paese da lui visitato era cambiato profondamente), ed esiste in italiano grazie a un piccolo editore di Torino, Pintore (2007). Scrive a conclusione del suo Voyage en Amérique: «Se io rivedessi oggi gli Stati Uniti non li riconoscerei più: là dove ho lasciato le foreste, troverei dei campi coltivati; là dove mi sono aperto un cammino nella macchia, viaggerei su grandi strade…»: i grandi corsi d’acqua che alla fine Settecento erano ancora luoghi selvaggi (nell’accezione rousseauiana), ora sono solcati da centinaia di battelli a vapore, crescono ovunque città, uffici postali, la popolazione stessa va a riempire quei paesaggi vuoti che tanto avevano affascinato l’autore.

Scoprire (o riscoprire) il Viaggio in America ci permette di vedere la natura così come la vedeva un uomo del XVIII secolo, e di coglierne l’estrema fragilità, già da lui stesso percepita: interrogandosi sul futuro dell’America e sulle scoperte degli esploratori, si domanda se sia un bene che le comunicazioni tra gli uomini siano diventate così facili, se la grande eterogeneità della popolazione consentirà mai un’armonia: il pigro cattolico, l’operoso luterano, l’anglicano schiavista, il puritano mercante… « combien faudra-t-il de siècles pour rendre ces éléments homogènes ! » (p. 522).

L’incontro con Washington e con i nativi

Incontra George Washington (anche se alcuni studiosi hanno messo in dubbio questo episodio), come riportato dall’«Osservatore»: « Allorché arrivai a Filadelfia – egli dice – il generale Washington non vi era. Fui obbligato ad attenderlo una quindicina di giorni; ei ritornò; io lo vidi passare in un cocchio tirato rapidamente da quattro cavalli. Washington, secondo le mie idee di allora, doveva essere necessariamente un Cincinnato: ora, Cincinnato in carrozza disordinava un poco la mia repubblica dell’anno di Roma 296. Il dittatore Washington poteva esser mai altro che un villico punzechiante i suoi bovi e sostenente il manico dell’aratro? ma quando andai a portare la commendatizia [lettera di presentazione, n.d.a.] a quel grand’uomo, io rinvenni la semplicità del vecchio Romano». Non poteva il colto francese non ricercare il mos maiorum degli antichi in questo fondatore di una nuova repubblica.

Accanto alla natura c’è il mon­do degli uomini, i cosiddetti «selvag­gi», che l’etnografo Cha­teaubriand ci descrive con obiettività, come racconta l’«Osservatore»: «Nel mezzo di una foresta vedevasi una specie di villaggio; vi trovai una ventina di selvaggi [irochesi, n.d.a.], uomini e donne, seminudi, con orecchie mozze, con piume di corvi sul capo e con le narici traforate da anella». Ci descrive anche i rapporti dei nativi con gli europei presenti in territorio irochese, tra Canada e Stati Uniti, e così prosegue: «Un piccolo Francese impolverato e vestito come il costume di que’ tempi, faceva danzare quegl’Irochesi al suono del suo violino. Violet, così chiamavasi, parlandomi degl’Indiani, mi diceva sempre: Questi signori selvaggi e queste signore selvagge. Ei lodava molto la leggerezza de’ suoi scolari: in fatti io non vidi mai far tali salti, Violet tenendo il suo piccolo violino tra il mento ed il petto, accordava il fatale strumento; ei gridava in irochese: ai vostri posti! e tutta la truppa saltava come una banda di demoni.». Lo “stato di natura” rousseauiano è decisamente perduto, ma Chateaubriand osserva nelle società dei selvaggi i vari gradi di sviluppo delle forme di governo tipiche dei po­poli civilizzati, e dinamiche sociali e fenomeni di relazioni interculturali (come quello sopra descritto prendendo a prestito le parole dell’«Osservatore») che avrebbe potuto vedere nell’antica Grecia e che rispecchiano processi già avvenuti nel Vecchio Mondo.


Il passaggio a Nord-Ovest di Chateaubriand è stato qui riproposto attraverso il Cenno intorno a Chateaubriand pubblicato su «Il nuovo Osservatore Veneziano» giovedì e sabato 8 e 10 dicembre 1836. L’edizione francese Voyage en Amérique da cui è tratta la citazione è di Gallimard, Paris, 2019 (éd. Sébastien Baudoin). L’edizione italiana è Viaggio in America (traduzione e cura di Ada Corneri), Torino, Pintore, 2007. Di Chateaubriand, sempre per i tipi di Pintore, è uscito nel 2018 il Viaggio in Italia (traduzione e cura di Ada Corneri). Ada Corneri ha peraltro pubblicato nel 2016, sempre con Pintore, In viaggio con Chateaubriand. Itinerario da Parigi a Gerusalemme.

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